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IL GIGLIO BIANCO

Giornale Settimanale del PTE

Anno II, n.25 – V Settimana di Ottobre 2013

FORZA ITALIA, PDL O PPE? NON E' PIU' IL TEMPO DEI “TIEPIDI”

Chi ha paura della nascita in Italia di un grande polo popolare, riformista, europeo, dalla forte ispirazione cristiana?

Perchè, per esser chiari fino in fondo, si preferisce difendere perinde ac cadaver l'ultimo fortino sperduto nel deserto, anzichè uscire in campo aperto e, attraverso, il coraggio della conquista, guadagnare terra su terra fino all'orizzonte?

Io chiamerei suicidio politico l'attuale atteggiamento di chi aspetta al varco Matteo Renzi utilizzando la psicologia da ultimo dei Mohicani.

Non si batte chi ha come ambizione di pescare molti, tanti, tantissimi voti al centro, arroccandosi su posizioni passatiste, radicali,staticamente conservatrici. Nè,a maggior ragione, si batte chi, almeno a parole, invoca democrazia dal basso e partecipazione,attraverso l'ipse dixit quotidiano del capo, a prescindere. Ed è un errore capitale, anche come strategia comunicativa, andare a rimorchio dei grandi eventi del PD (vedi 8 Dicembre) per prenderne la scia mediatica. Non è possibile reggere il confronto e l'urto tra un avvenimento che, bene o male, si apre verso il futuro (l'investitura di Renzi), ed una kermesse che riporta le lancette dell'orologio indietro di venti anni (la riedizione del cosmo “azzurro “). Conoscendolo, immagino quanto godrà il “giovane” Sindaco fiorentino nel vedere che il mitico Cavaliere “coprirà”, o tenterà di farlo, il suo lancio.

Se la politica ha ancora un'ambizione profetica, occorre immediatamente lasciar perdere il “come eravamo” per costruire le ragioni del futuro. Ed il futuro, quasi la rivoluzione inevitabile nel campo dei moderati, non può essere il mero “ritorno al passato”.

Non è in discussione la convinta fedeltà al bi-polarismo (da non confendere mai con un più rozzo bi-partitismo), nè la storica e filologica riflessione sopra gli accanimenti giudiziari che, come una mannaia, hanno logorato il Presidente, l'imprenditore e l'uomo Silvio Berlusconi.

Parliamo del grande compito che ci attende, molto più grande delle alchimie e delle convenienze soggettive: portare l'Italia verso una democrazia compiuta sostanziale. Invochiamo pertanto quel virtuoso colpo di reni, mancato per poco alla Democrazia Cristiana, utile a modernizzare ed europeizzare la politica italiana. Allo scopo di avere, finalmente, la fisiologica alternanza, all'europea,“secca” e senza compromessi o inciuci, tra sinistra democratica da una parte e popolarismo riformatore e liberale dall'altra. Sarebbe una grave responsabilità storica, a mio parere perdente a livello di prospettiva politica (forse lucrosa solo come tornaconto di bottega), quella di contrapporre alla nascente e ristrutturata sinistra democratica un blocco “datato”, irrigidito, conservatore, tribunizio.

Io (e, come me, spero, tanti amici) non ho paura di perdere dinanzi alla proposta politica del mio compaesano Matteo Renzi. Chi perde una volta, con chiara strategia politica,conservando il proprio stile e l'originale visione programmatica, si allena a vincere la seconda.

Quello che mi fa paura e mi rende indisponibile è perdere (anche se mi auguro non sarà così) senza aver costruito la prospettiva sana e seria di una rivincita, solo per l'ostinata fedeltà ad un simulacro del passato.

E' questo lo spirito che, già due anni fa, portò molte amiche ed amici toscani a fondare il PTE, movimento dei POPOLARI TOSCANI EUROPEI, non pattuglia di illusi, ma avanguardia di un preciso progetto politico. Con il primo Convegno nazionale di Vallombrosa (giugno 2013) e l'elaborazione corale della “carta” omonima il progetto ha preso quota in modo irreversibile. Ci conforta il fatto che dalla Toscana, così gira il vento della politica, prendano avvio sempre più spesso esperimenti interessanti, forieri di sviluppi contagiosi. Noi, dalla Toscana, partiremo comunque, anzi, siamo già partiti e non ci fermeremo.

Ora, dal livello nazionale, ci attendiamo altrettanto coraggio e non meline. A coloro che, da Roma, sono in sintonia con questa nostra linea regionale chiediamo di buttare il cuore oltre l'ostacolo.

Accordicchi, compromessi al ribasso, docilità di convenienza, titubanze in mezzo al guado, tradirebbero non questa o quella posizione, ma una speranza, un'alta prospettiva politica di cui in Italia molti sentono la mancanza.

E non vogliamo nè possiamo essere “pagati”con le raccogliticcie filosofie che masticano buonsenso, nè con tardivi appelli ecumenici. Non è più il tempo dei tiepidi. Non ci piacciono, come diceva già Hegel, le “notti in cui tutte le vacche sono nere”.Vogliamo essere, per scelta e dignità, o caldi o freddi!

FRANCO BANCHI