logo
logo PTE

IL GIGLIO BIANCO

Giornale Settimanale del PTE

Anno III, n. 29 – III Settimana di Gennaio 2014

Il crocevia della politica italiana

CHI LAVORA ALLA “GRANDE SCORCIATOIA”?

Sono lontani, lontanissimi, quasi archeologia, i tempi in cui il sano bi-partitismo, allora ideologico, divideva l'Italia in un'Europa post-bellica. Anzi, fu proprio quella divisione verticale, che nasceva dalle viscere stessa di una nazione spaccata in due a livello di ideali e visione del mondo, a produrre la necessità di una costituzione garantista e di un sistema elettorale rigorosamente proporzionale.

Da allora la politica italiana ha sviluppato una “lunga marcia” verso una democrazia compiuta, tesa a realizzare una fisiologica e sicura alternanza di governo tra forze competitive di stampo democratico ed europeo.

Proprio nelle vicinanze del traguardo, atteso da più di mezzo secolo, fanno la loro ricomparsa sulla scena politica depistatori, falsi profeti, guru, annunciatori dell'età dell'oro e chi più ne ha più ne metta. Le cui vie “muoiono” in Italia, ma, con tutta probabilità, nascono altrove...

La filosofia comune di tali “guastatori”, al netto delle differenze vere o presunte che rivelano, è proprio quella di impedire il realizzarsi ed il consolidarsi in Italia di una democrazia finalmente compiuta. Costoro, al posto di un bipolarismo maturo, tipico di tutte le democrazie moderne, che in Europa prende le naturali sembianze di uno schieramento legato alla sinistra socialista contrapposto ad un altro ancorato al PPE, lavorano per una “grande scorciatoia”. Di che si tratta? Come può essere descritta, quali sono i suoi interpreti principali?

Di sicuro, di una democrazia che si avvita sui peggiori vizi italiani e sui soliti provincialismi: prevalenza del leader carismatico sul progetto politico; del partito, meglio se personalizzato, sulla coalizione; del pragmatismo sullo slancio ideale e, come diceva già molti secoli or sono Guicciardini, del “particulare” sul bene comune. In una parola: la prevalenza assoluta dell'arte levantina del fare politica rispetto ad una corretta filosofia dell'impegno nella polis.

E' chiaro che, ad esempio, le vie dell'imminente riforma elettorale si intrecciano con quelle descritte in precedenza. Al riguardo, sebbene i sistemi elettorali siano tutti strumenti e non fini, ce ne sono alcuni meno “neutri” di altri. Al di là dei nomi e delle sigle, magari esterofile, alcune opzioni sono più funzionali di altre a bloccare la strada verso democrazia compiuta.

Chi ha come prima opzione, ci auguriamo non secca, quella iberica, vuole centrare senza dubbio i seguenti obiettivi:privilegiare il bipartitismo rispetto al bipolarismo; indebolire o, addirittura, cancellare le diverse articolazioni interne alla coalizione rispetto alla cultura dominante di quell'area;con la scusa delle circoscrizioni più piccole (quindi delle diminuzione dei candidati per lista, le famose liste corte o cortissime...) evitare la reintroduzione del voto di preferenza.

In pratica, tanto per non fare nome e cognome dei beneficiari di tale opzione, due leader potrebbero decidere a piacimento 2/3 circa dei parlamentari eletti.

Altro che ripercussioni sul Governo Letta! Crediamo che i problemi sarebbero molto più grandi...

Il principale effetto potrebbe essere quello di rompere immediatamente le attuali (teoriche) coalizioni. A vantaggio di chi, ci chiediamo? Forse, è la nostra risposta, di chi vuole e sa di poter vincere da un lato e di chi sa di perdere e, probabilmente, addirittura lo vuole dall'altro.

Ecco perché basta “incrociare” gli obiettivi polemici quotidiani di questi due plenipotenziari per capire da dove arriva la vera pietra d'inciampo, che, nella loro ottica, è da sterilizzare prima possibile.

Non ci permettiamo di entrare nel campo del centro-sinistra, terreno sempre più infido e minato. Invece ci preme dire la nostra sulla parte “amica”. La prima cosa da fare è quella non solo di rinnovare il centrodestra (cosa che egregiamente sta portando avanti Alfano), ma rifondarlo. Non è più sufficiente cambiare la miscela degli ingredienti che lo compongono. E' una questione di ideali, progetti, strategie, leader. Ecco perché la barra deve puntare senza indugio alla costituzione del PPE italiano. E' per questo motivo che “chi può” dica con chiarezza che nel centrodestra attuale non esiste più un “dominus”. Anzi, se le circostanze lo richiedessero, con il precipitare del quadro politico, potrebbe essere ineludibile non dare più nulla per scontato. Essere alternativi al centro-sinistra è un dovere politico a cui non vogliamo e possiamo sottrarci. Esserlo e farlo in un solo modo, perchè qualcuno ha scelto per tutti, è ormai impossibile.

Franco Banchi