IL GIGLIO BIANCO
Giornale Settimanale del PTE
Anno III, n. 34 - III Settimana di Giugno 2014
INTERVISTA AL PRESIDENTE DEL POPOLARI TOSCANI EUROPEI
BANCHI: “ PER NON CHIUDERE IL CANTIERE DELLA VERA POLITICA”
Nel Giugno 2013, il Movimento PTE (Popolari Toscani Europei), nella storica Abbazia di Vallombrosa (FI), organizzava il Convegno Nazionale dal titolo “COSTRUIRE INSIEME L'AREA DEL FUTURO PROSSIMO: POPOLARE, D'ISPIRAZIONE CRISTIANA, RIFORMATRICE, EUROPEA, ALTERNATIVA ALLA SINISTRA”.Per molti, singoli, movimenti, associazioni ed anche esponenti istituzionali e di partito, fu insieme uno spartiacque ed una bussola. A distanza di un anno dall'importante appuntamento e, soprattutto, alla luce delle grandi novità intervenute nella scena politica italiana, la Redazione de IL GIGLIO BIANCO ha intervistato il Presidente del PTE, Franco Banchi.
E' passato solo un anno dal convegno di Vallombrosa eppure a livello politico sembra un secolo...
Certo. Se lo misuriamo con gli accadimenti che nel frattempo sono intervenuti, ha perfettamente ragione. Prendiamo l'esempio del PD: è arrivato al massimo storico come consenso elettorale. Ma esiste ancora quel partito o piuttosto è il cono d'ombra che parte dalla silhoutte di Matteo Renzi?Non vorrei esagerare, credo però che solo ora si sia compiutamente consumato l'effetto muro di Berlino sulla politica italiana. Con Renzi cade anche l'ultimo bastione della I Repubblica. Il Presidente del Consiglio cerca in tutti i modi di scacciare la fastidiosa ombra del partito che lo accompagna e, di conseguenza, lo appesantisce, ma dovrebbe ricordarsi l'aforisma di F. Nietzsche, in cui il viandante, scacciando la sua ombra, si priva anche della forza e della potenza che essa genera.
Da quello che dice sembrerebbe trasparire una certa diffidenza nei confronti dell'ultima rivoluzione italiana?
Ciascuno può chiamare le ultime ed anche consistenti novità come vuole. Per me riguardano poco la politica o, meglio, non sono la “strada maestra” della politica. Forse potremmo parlare di una scorciatoia.
Cosa intende per strada maestra della politica?
Preferisco partire dall'esempio opposto. Ormai siamo all'esperanto della politica. Regna una tale sovrapposizione tra le varie forze politiche italiane che quasi nessuna ha più un lessico specifico. Le parole-chiave su cui discutere si contano ormai sulle dita di una mano. Ogni tavolo che si apre deve per forza chiudersi accorciando ciò che divide. Quanto è lontano il tempo della Costituente, in cui partiti profondamente divisi, ma ispirati, arrivavano a sintesi e non a “macedonie” ideali ed istituzionali!Ecco la scorciatoia: convergere solo per paura di essere ai margini del mitico “tavolo”...
Dunque la via per la strada maestra ?
Non di sicuro facile e breve. Mi viene in mente la grande prospettiva dei filosofi cattolici del Novecento e dei nostri padri costituenti fortemente legati all'ispirazione cristiana. E' sbagliato puntare tutto sulla costruzione di un pluralismo “dentro lo Stato” ovvero investendo ogni aspettativa possibile sull'utopia di costruire un modello istituzionale perfetto. E' bene ricordare questo passaggio decisivo a quei politici che si illudono di sistemare ogni cosa con le alchimie e le trovate dell'ingegneria costituzionale. Mai scambiare il mezzo per il fine! Il vero fine della politica, almeno quella per cui ci battiamo noi, è creare le condizioni per avere un pluralismo a tutto tondo, che veda lo Stato come strumento a servizio della persona e della comunità e non come scopo assoluto. C'è tanta vita, libertà, intraprendenza, felicità oltre lo Stato!
Dalle sue parole emerge quasi una fuga dalla politica tipica dei nostri giorni per favorire un ritorno alla formazione culturale e pre - politica...
No, non credo, almeno non in questi rigidi termini. Di sicuro non bisogna inseguire le sirene di una politica leaderistica all'eccesso, che vive la competizione come se fosse una corsa da centometristi, attenta più all'organizzazione che al fattore umano, pragmatica e mossa solo dal desiderio di vincere subito, non più paziente e pronta ad affrontare sacrifici e sconfitte in vista di un traguardo superiore.
In questa compagnia inserirebbe anche il movimento cinque stelle?
Totalmente. A volte anche i futuristi della politica si svelano conservatori e, perchè no, reazionari. La liaison europea del movimento sembra confermare questa mia impressione. C'è poi nel movimento di Grillo un furor giacobino, fideisticamente assembleare, che lede e tocca il principio personalistico della nostra ispirazione cristiana. Non c'è nessuna democrazia diretta alla Rousseau che può presumere di annichilire la libertà e la responsabilità di ognuno di noi, che prima di essere cittadini siamo persone, uniche ed originali.
C'è da parte sua anche una certa assonanza con le ripetute preoccupazioni di Papa Francesco in relazione al disordine della città degli uomini e, soprattutto, all'incoerenza “operativa” dei cristiani. Sbaglio?
Credo che siano preoccupazioni di ordine convergente, ma diverso. Il Santo Padre è mosso da un'ottica essenzialmente pastorale. Quando mette in evidenza la discrasia tra ispirazione ed opere, ha in mente un'ottica evangelica. Questo Papa, ancor più di altri, sembra lasciare un'ampia autonomia ai cristiani nella traduzione fattuale dei principi. E questo per chi fa politica non rende certo più agevole il compito. In altre parole siamo chiamati a svolgere da laici un doppio compito: formazione culturale e sociale delle coscienze (sia personale che comunitaria) e mediazione politica. Ormai nella Chiesa il pluralismo è un dato consolidato. E' una sfida stimolante che dobbiamo accettare con convinzione e senza alcuna paura. Ormai siamo trapezisti senza rete...
A proposito, esiste ancora un elettorato cattolico in Italia?
Ne esistono svariati, anche troppi. Anche per gli elettorati “cattolici” vale il discorso fatto prima. Ci sono segmenti del mondo cattolico italiano che si sono adattati ad un generico esperanto. Così tutti i partiti trovano qualche parolina, magari sbiadita, per riscuotere il consenso di parte dei cattolici. Manca una domanda di voto nei cattolici (visto che ormai il voto “cattolico” non c'è più) che sia capace di esigere dal potenziale partito di riferimento un progetto globale sull'uomo e la comunità. Non si può più dare in appalto a questo o quel partito un brandello o l'altro dei nostri valori. Occorre ricostruire il mosaico dell'ispirazione cristiana e della sua traduzione politica nella sua interezza.
In tale contesto il centro-sinistra sembra più pronto del centro-destra alla competizione, non crede?
Il centro-sinistra sta immeritatamente beneficiando delle divisioni della Chiesa italiana. Su questo è bene non essere ipocriti. Mancando una bussola ben definita il consenso si gioca su aspetti meno organici e molto più specifici, a volte addirittura localistici per non dire personalistici (Renzi docet). Difetta la visione d'insieme. Non credo il problema possa risolversi con la magica ricostituzione del centro- destra. Così come lo abbiamo conosciuto, il centro-destra non c'è, né esisterà più come lo ricordiamo. Ci sono almeno quattro visioni diverse in tale campo: NCD, FI, Fratelli d'Italia -AN, Lega. Non credo che si possa rifondare un progetto credibile su quella che al momento assomiglia ad una Babele. Ecco che torniamo al titolo del Convegno di Vallombrosa del Giugno 2013. Almeno in questo e per questo il tempo sembra non essere passato. L'esigenza è la medesima, l'urgenza ormai assoluta:“COSTRUIRE INSIEME L'AREA DEL FUTURO PROSSIMO: POPOLARE, D'ISPIRAZIONE CRISTIANA, RIFORMATRICE, EUROPEA, ALTERNATIVA ALLA SINISTRA”.
A Settembre, con il nostro secondo convegno nazionale, riapriremo il cantiere.
LA REDAZIONE