IL GIGLIO BIANCO
Giornale Settimanale del PTE
Anno I, n.5 – II Settimana di Ottobre 2012
Se c'è un “fato” della politica italiana, non vogliamo chiudere gli occhi
Tra i personaggi più grotteschi del grande scrittore inglese G.K. Chesterton, una delle penne novecentesche che meglio sanno scrutare il cuore degli uomini di ogni ordine e grado, c'è Mr. Ops Comunque.
Come evocano magistralmente le parole che lo descrivono, si tratta di un tipo umano indefinibile, quindi fuori da ogni classifica etica, che in un baleno si posiziona pragmaticamente( trovandosi a proprio agio) nelle situazioni più disparate ed antitetiche. Addirittura, attraverso la più elastica tra le categorie mentali, quella del “comunque”, riesce a trovare l'appiglio giusto per mitigare ogni passaggio che potrebbe sembrare dirompente. Mentre la mediazione indica uno sforzo attivo di sintesi, la filosofia del “comunque”, ben più subdola, è un vero e proprio gioco delle “tre carte”, al confine tra abilità ludica e sofisticheria da prestigiatore.
In questi giorni mi è nato spontaneamente il paragone tra Monti( con il suo intero Governo) ed sopra citato personaggio di Chesterton.
Monti è un tecnico, anzi un super-tecnico, quasi un guru della tecnocrazia mondiale,ma, per governare, si appoggia su una maggioranza, di fatto, super-politica, anzi su un autentico ecumenismo parlamentare.
Monti, sempre in premessa, giustifica ogni suo provvedimento quesi come una necessità fatale, come un inelluttabile “vuolsi così colà dove si puote... e più non dimandare”, eppure dalla pesatura analitica degli atti di governo, anche a seguito dell'estrema loquacità pubblica dei membri del Governo, si evince che ogni scelta è fatta con il bilancino, diventando quasi un manuale Cencelli post-ideologico. D'altronde, la stessa composizione del Governo è un capolavoro o, a piacer vostro, un coacervo mostruoso di pesi e contrappesi, in cui la spartizione partitica ha ceduto il passo a quella che con farisaico bon ton si definisce: apertura ai mondi della società civile; rappresentanza degli ambienti professionali ed accademici; tecnocrazia.
Per chi vuole usare un linguaggio più franco e politicamente “scorretto” è giusto invece parlare di una scientifica lottizzazione, molto sofistica, quindi non improvvisata, tra referenti del capitale finanziario privato italiano ed internazionale, grand commis d'etat, tecnici dei governi precedenti diventati ministri, maitre a penser del mondo universitario( prevalentemente provenienti da sinistra), con una finale spruzzata di cultura massonica, alcuni uomini di fiducia della galassia cattolica istituzionale, senza escludere pennellate riferibili alla comunità ebraica.
Non può dunque sorprendere che, date certe premesse, gli effetti siano consequenziali. Dunque niente progettualità a lungo termine, nessuna visione politica che travalichi un ordinario pareggio di bilancio, un'interpretazione da “collegio” del rapporto tra Italia ed Europa, silenzio assoluto di prospettiva su tre dei nodi cruciali della società italiana( famiglie, giovani, anziani).
E' vero, Monti si difende e schermisce auto-definendosi Presidente di transizione, ponte verso il ritorno della responsabilità politica. Allo stesso tempo, non perde occasione per diventare il gran cerimoniere della fine non tanto e non solo della II Repubblica, quanto il becchino della politica italiana.
Per onestà, è giusto dire che la politica italiana si sta suicidando da sola, ma nessun “psicologo” del team tecnico di Monti cerca di salvarla dal trapasso.
Vorremmo evitare una situazione inerziale per cui, constatato il decesso della politica italiana( magari con i risultati delle prossime elezioni politiche), lo straordinario e transitorio( leggi Governo Monti) diventi, ipso facto, condizione normale e fisiologica. Sarebbe un paradosso mortale quello che facesse dipendere la nascita di un ordinario governo tecnico dal fallimento del responso elettorale.
Noi, che abbiamo poche certezze( soprattutto in questo momento assai delicato), una vogliamo esternarla senza timore alcuno: meglio un governo politico di segno opposto rispetto alla nostra cultura di riferimento, dialetticamente impegnato da una solida e non non trasformistica opposizione parlamentare,che una palude imprecisata ed indefinita,a cui dare tutti i nomi e nessun nome, e da cui tirar fuori il “tecnico” della Provvidenza di turno.
Auspichiamo che la riforma elettorale possa fare la dovuta chiarezza su queste fondamentali problematiche. Allo stesso modo siamo convinti che solo alleanze di alto profilo morale e politico, progettualmente omogenee, quindi molto lontane dai meri cartelli elettorali e dal calcolo delle convenienze e delle sopravvivenze individuali, possano evitare l'apocalisse dei partiti.
Una politica che si dovesse rinchiudere, per ignoranza, remissività, senso di colpa e complesso di minorità, nell'antro della pura sopravvivenza non ci interessa. Nè, come abbiamo ampiamente documentato, vogliamo morire entro un' aggiornata riedizione della tecnocrazia positivistica.
Noi siamo, secondo spirito, cuore e ragione, dalla parte di Gabriel Marcel, che, ancora oggi, a distanza di molti decenni dai suoi scritti, ci ripeterebbe. “Capitolare è arrendersi a quanto inevitabile come tale; è rinunciare in fondo a restare se stesso; è essere affascinato dall'idea della propria distruzione sino al punto di anticiparla. Accettare può essere, al contrario, mantenere e mantenersi, cioè salvaguardare la propria integrità”( Homo viator, 1944).
Ebbene, se c'è un “fato” della politica italiana, noi non vogliamo chiudere gli occhi. Vogliamo però, con tutte le nostre forze, fossero anche di semplice opposizione o testimonianza, trascenderlo. Non, dunque, nel nome della politica dei tanti Ops Comunque, ma per nutrire la filosofia dell' integrità di un ideale e di una speranza che ci supera.
Franco Banchi