IL GIGLIO BIANCO
Giornale Settimanale del PTE
Anno I, n.9 – II Settimana di Novembre 2012
ITALIA: CHI DA' LE CARTE DELLE “REPUBBLICHE”?
Quanto sono lontani i tempi in cui Giuseppe Mazzini fondava la “Giovine Italia” come volano della “Giovine Europa”, profetizzando che la nostra missione nazionale sarebbe stata luce e guida per la democrazia del continente, che, allora, coincideva con democrazia intercontinentale.
Oggi, purtroppo, l'Italia non brilla di luce propria, ma soltanto di quella “riflessa”. Non siamo più avanguardia e laboratorio culturale e politico, piuttosto “cavia” per esperimenti etero-diretti.
C'è una distanza siderale (non tanto a livello cronologico) tra i nostri e recentissimi giorni e quelli nei quali, con la schiena ben ferma e diritta, De Gasperi, Andreotti e Craxi, solo per citare qualche cavallo di razza, portavano avanti una politica estera con una precisa regìa.
L'Italia aveva comunque, al di là di possibili ed anzi legittime contestazioni, una propria “politica estera”.
Con tale termine intendo un vero e proprio progetto di relazioni internazionali, con un'agenda non asettica e meramente diplomatica, nel senso tecnico del termine.
E vengono in mente (proprio in coincidenza del cinquantesimo anniversario della scomparsa, se vogliamo usare un eufemismo) i giorni gloriosi e coraggiosi (anche se spregiudicati) di Enrico Mattei. Altro personaggio forte che tentò di imprimere una svolta autonomista alla politica energetica italiana e non solo, creando di fatto una nitida filosofia in politica estera.
A parte De Gasperi che, comunque, non ebbe vita facilissima, tutti i nomi sopra citati hanno ricevuto prepotenti aggressioni personali e politiche, nate apparentemente da questioni interne, ma, nella sostanza (spesso mascherata), provocate da scelte “non allineate” in politica estera.
Il prezzo da loro pagato è stato incalcolabilmente alto, ma ciò che più conta è la conseguenza per il loro e nostro Paese, incapace a lungo di esprimere una propria fisionomia internazionale.
Domanda delle domande: la I Repubblica è davvero crollata per implosione interna (leggi tangentopoli)? Oppure le causalità sono molto più complesse e riconducibili al quadro internazionale, la cui “foglia di fico” è stata il crollo del muro di Berlino?
Al riguardo, qualche domanda sull'eziologia di “mani pulite” è bene farsela. Probabilmente, anche dal contenuto e dal tono di tale indagine potrebbero scaturire lumi sulla precedente domanda delle domande.
Gli stessi personaggi della II Repubblica, girato il vento, non hanno avuto un trattamento migliore. Emblematica all'ennesima potenza la parabola di Antonio Di Pietro. Per molti politologi, proprio con il suo “taglio cesario” sarebbe nata a fatica la II Repubblica. Ora, con la clamorosa caduta dell'ex-magistrato, è come se si chiudesse la parabola dei suoi protagonisti eccellenti.
Non può essere un caso che la sorte di Tonino sia precipitata dopo il “passo indietro” di Silvio Berlusconi. Qualcuno potrebbe così ipotizzare quasi la fine pilotata di una missione.
La stessa ascesa di Beppe Grillo, proprio per consistenza e tempistica, non sembra frutto di casualità ed improvvisazione. Un nuovo sole che ne eclissa un altro. Dopo un'articolata rivoluzione, l'Italia torna al punto d'origine.
Tutto sembra esser cambiato eccetto l'inamovibilità di un'area politica precisa, che,pur cambiando pelle, nome, miscela, rimane comunque in pista. La gioiosa macchina da guerra è ormai archeologia.Ma, pensandoci bene, doveva essere propria quel congegno politico a traghettare l'Italia dentro la seconda Repubblica. Ma chi era riuscito a produrre macerie su macerie non fu capace, invece, di consegnare, chiavi in mano, la rifondata Repubblica alla nuova sinistra italiana. Nel mezzo si pose Silvio Berlusconi.
Ed oggi, ciò che non riuscì allora viene ri-provato con altri suonatori o, se vogliamo, con un nuovo gioco delle parti. Ma la musica è la stessa: il PD, erede dei DS e del fu PDS è ancora in pole position. Sarà ancora falsa partenza?
Chissà se anche stavolta il genio italico, che scatta nei momenti più difficili e complessi della storia nazionale, potrà farci avere un sussulto di “autonomismo” e ricostruire una“giovane Italia”.
A volte è meglio recitare a soggetto che immedesimarsi in copioni scelti e scritti da altri, magari altrove.
FRANCO BANCHI